Il perdono come potere: Atwood e la forza silenziosa delle scelte interiori
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«Ricorda, però, che anche il perdono è un potere. Chiederlo è un potere, e negarlo o concederlo è un potere, forse il più grande.»
— Margaret Atwood
Nel mondo di Atwood il potere non è solo nei palazzi, ma nei cuori. È nelle scelte intime che cambiano il destino, spesso più della forza.
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🔥 La forza che non fa rumore
Margaret Atwood ha sempre interrogato il potere: quello politico, quello sociale, quello nascosto nei rapporti umani. Nei suoi romanzi, i gesti che sembrano fragili racchiudono spesso la forza più radicale.
Il perdono, per Atwood, non è passività né consolazione. È una forza che si esercita nel silenzio, un atto che richiede lucidità, coraggio, responsabilità. Perdonare o non perdonare significa scegliere chi vogliamo essere. E nessuno può farlo al nostro posto.
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🌒 Il potere negli spazi interiori
Ne Il racconto dell’ancella, Atwood descrive un mondo schiacciato dalla violenza istituzionale, ma attraversato da piccole ribellioni intime. È nei pensieri, nei ricordi, negli atti minimi che i personaggi ritrovano una forma di libertà.
Il potere non è solo dominio. È anche la capacità di definire il proprio confine emotivo. Atwood ci insegna che nessuno può privarci del nostro spazio interiore, finché noi lo difendiamo. E il perdono — concesso, negato o atteso — è uno dei modi in cui custodiamo quel confine.
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⚖️ Perdonare non è dimenticare
Atwood non romanticizza mai il perdono. Non lo presenta come soluzione facile, né come gesto obbligato. Il perdono è un terreno complesso, dove si incontrano dolore e maturazione, rabbia e scelta.
Perdonare non significa cancellare ciò che è accaduto. Significa smettere di esserne prigionieri. E negare il perdono, quando è giusto farlo, significa proteggere la propria dignità. Atwood ci ricorda che siamo noi a decidere quale potere esercitare.
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