La farsa della vita: Arthur Rimbaud e la libertà di perdersi
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«La vita è la farsa che dobbiamo recitare tutti.»
— Arthur Rimbaud
Rimbaud è stato un lampo, una fiamma breve e incandescente. Nato il 20 ottobre 1854, visse come scrisse: con urgenza, con ribellione, con il desiderio feroce di vivere tutto. La sua poesia brucia di giovinezza e di vertigine, di un’energia che non conosce confini.
🔥 Il poeta come profeta
Rimbaud ha rovesciato la poesia come un guanto. Nei suoi Versi il linguaggio si ribella, la logica implode, e il significato diventa esperienza sensoriale. Ogni parola è un colpo di luce, un tentativo di raggiungere l’assoluto.
Ma dietro la sua furia creativa si nascondeva un profondo tormento. Rimbaud cercava la verità nella disobbedienza, voleva distruggere la morale, la religione, la ragione stessa per vedere cosa restava. In questo, fu un profeta moderno: la sua vita fu la sua opera, la sua poesia la sua rivolta.
🌍 Il viaggio come fuga e rivelazione
Dopo aver scritto alcune delle pagine più straordinarie della letteratura francese, Rimbaud abbandonò tutto. Lasciò la poesia, la Francia, e partì per l’Africa. La sua fuga fu un atto estremo di libertà e di negazione: la ricerca di una vita reale dopo l’incendio delle parole.
In quel silenzio, forse, trovò la pace che la scrittura gli aveva negato. O forse no. Rimbaud resta un enigma: il poeta che ha detto addio alla poesia, ma non al desiderio di infinito.
🌪️ Libertà e perdita
“La vita è la farsa che dobbiamo recitare tutti.” In questa frase, il giovane genio racchiude il suo disincanto. Sapeva che ogni vita è un ruolo, ogni sogno una recita. Ma nella sua recita volle essere vero fino alla fine. E così Rimbaud rimane per sempre il simbolo della libertà assoluta: quella che non si accontenta di vivere, ma vuole bruciare ogni limite.
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