Orbital: lo spazio, lo stupore e la domanda etica

“Non sa mai se questa sete di spazio degli umani sia curiosità o ingratitudine.”
Samantha Harvey, Orbital

Il 12 aprile 1961, Jurij Gagarin diventa il primo essere umano a orbitare attorno alla Terra.
Sessant’anni dopo, la scrittrice inglese Samantha Harvey riprende quel punto di vista in Orbital, un romanzo lirico e sospeso che ci porta là dove nessuno riesce a mentire: nello spazio.

Perché da lassù, la Terra non è solo un punto azzurro.
È uno specchio. Un enigma. Una domanda.


🛰️ Uno sguardo nuovo sul nostro pianeta

Orbital è ambientato a bordo di una stazione spaziale.
Per ventiquattr’ore, sei astronauti provenienti da tutto il mondo osservano il pianeta che scorre sotto di loro.
Lo spazio non è azione, non è avventura: è riflessione, sospensione, meraviglia e inquietudine.

Harvey racconta la fragilità dell’umano in assenza di gravità, i pensieri che orbitano più veloci dei satelliti, il senso di vertigine davanti all’infinito.
È un romanzo breve, ma densissimo. Come il silenzio del cosmo.


🌍 Fuga o esplorazione?

La corsa allo spazio ha sempre affascinato scrittori e lettori: da Jules Verne ad Isaac Asimov, da Bradbury a Le Guin.
Ma oggi, Harvey ci chiede: vogliamo davvero esplorare o stiamo fuggendo?

Vogliamo conoscere nuovi mondi o stiamo cercando di scappare da quello che non sappiamo più abitare?


📖 Perché leggere Orbital oggi?

Perché ci ricorda che la vera scoperta è lo sguardo.
Perché lo spazio non è solo tecnologia, ma poesia.
E perché guardare la Terra da lontano ci fa capire, finalmente, quanto è preziosa, fragile, nostra.

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💬 Se potessi osservare la Terra da lassù, qual è la prima cosa che penseresti? Scrivilo nei commenti.

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