Dolore, amore, speranza: Leone è come noi

Leone come me
Erica Delis
Independently published (6 marzo 2025)


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Tratto da una storia vera, il romanzo propone una riflessione sulla sofferenza animale legata alla realtà e lancia un messaggio conclusivo di speranza che abbatte le barriere tra una specie e l’altra.
Il ricavato è devoluto ai Gatti Mammoni di Pisa ODV e ai 120 ospiti del loro gattile.


📖 Trama

Dicembre 2023, in una cittadina di provincia. 
Rela è una donna di mezza età che si trascina in una vita scialba e solitaria. È introversa, ostile, perennemente sovrappensiero, facilmente impressionabile. La sua è una sensibilità dolorosamente acuta che la porta a raccogliersi in un mondo fatto di cose piccole e incontri minimi: non ha figli, non si è mai innamorata e il suo rapporto con Maddalena, vecchia amica di scuola, è spesso conflittuale.

Rela lavora con zelo da oltre vent’anni nella stessa impresa di pulizie nonostante sia laureata e legga moltissimo. Lavora in maniera distaccata, con la mente lontana anni luce. Pensa al passato, ma soprattutto pensa ai suoi gatti, ai tre che vivono con lei e agli sfortunati che affollano il gattile in cui da tempo è volontaria insieme a un gruppo di ragazze che potrebbero essere sue figlie.

Il gattile è un micromondo in cui si mescolano rassegnazione, sofferenza, attesa e solitudine ma per Rela è anche un balsamo sottile, un modo per respirare e sentirsi viva.

Il suo già precario equilibrio viene brutalmente rovesciato dalla notizia appresa dal Web del cucciolo scuoiato vivo e trovato agonizzante in un paese a ventiquattro chilometri da lei. Rela segue il caso con angoscia crescente e quando Leone muore cade in uno stato di prostrazione letargica da cui riesce a risollevarsi grazie all’amicizia di Lena, all’incontro con Duccio e allo “straordinario talento per la speranza” che lo stesso Leone, col suo esempio, le trasmette. Ricominciare è possibile, rinascere anche.

👉 Leone come me di Erica Delis


✒️ L’autrice

Erica Delis (pseudonimo di Federica Depaolis, 1971) vive e lavora a Firenze con un marito e cinque gatti.


Bibliotecaria e bibliografa, autrice di repertori bibliografici e vari saggi, è vicepresidente della Fondazione Montanelli Bassi di Fucecchio (Fi) e collaboratrice delle riviste Charta, Erba d’Arno e Culture Digitali.

📍 Pagina autore


📖 Estratto da Leone come me

Capitolo 1

Presentazioni subito dimenticate

Non era tardi e nemmeno presto ma per lei era come fosse notte fonda mentre nel locale la gente si accalcava sotto le luci e i menù venivano aperti e sbatacchiati alle ventuno di un sabato, di un piovoso sabato qualunque. Controvoglia si era fatta portare, Lena l’aveva bersagliata, un messaggio dopo l’altro, e alla fine si era cambiata, senza animo si era pettinata e truccata, sempre con quella sensazione allo specchio di avere qualcosa di sbagliato e completamente fuori posto.

Preferisco stare a casa con voi - aveva detto con gli occhi - ma vado perché è sabato, d’accordo? Oppure: vado, così il cellulare vi lascia in pace, d’accordo? 

Niente, non le credevano. Stavano all’erta, occupando i loro posti di sempre prima di ogni separazione, anche brevissima, anche se usciva un attimo per buttare la spazzatura. Per loro non c’era il concetto di tempo, pochi minuti a volte duravano ore e viceversa: Molly sul trespolo, Bloom sopra il tavolo, Proust nella cuccia antistress, impegnati a ricordarle che esistevano, che esistevano intensamente e riuscivano a essere più reali e necessari di tutto il resto. 

E ora, nel locale giapponese, fuori pioggia a raffiche, dentro umidità portata dagli ombrelli e Lena che le sta davanti coi riccioli piastrati in attesa dei loro posti a sedere. Cinque sedie che si svuotano e subito si ricoprono di sciarpe e cappotti, cinque donne in su con gli anni che si accomodano impugnando le bacchette con cui pescheranno qualcosa da scodelle che scottano. Si era aggiunta all’ultimo tuffo dicendo - Piacere, Rela - nello stringere piccole mani uscite dai guanti. Ovvie, le domande sul perché del nome, quasi un automatismo il suo - ad essere sincera non lo so - realizzando che in effetti era vero, così come era vero che la mamma era sempre stata un tipo originale. Messaggio dopo messaggio Lena aveva costruito la loro serata di donne abbandonate che non si arrendono all’evidenza e continuano a spendere soldi in vestiti e pochette di lustrini. E tutto sommato a Rela il posto piace, se non altro per via degli specchi a parete che corrono fino al soffitto e hanno un che di slanciato che disorienta. Bene, per una sera va bene - si dice - e con diligenza, come una bambina sul banco di scuola, presta attenzione ai discorsi delle amiche, impegnandosi a non pensare ad altro. È Lena che imperversa, passando dalle scarpe mid season che è ora di mettere via alle serie Netflix che le fanno perdere un sacco di tempo. La bruna al suo fianco ha un taglio a caschetto lucidissimo e una mano pallida e piena di anelli. 

Naturalmente i nomi li ha già dimenticati, anche se le presentazioni sono state fatte da Lena poco prima di entrare con tono fin troppo solenne. Le chiamerò la bruna, la rossa, la biondiccia, un po’ lo stesso metodo che all’inizio usava in gattile, distinguendo gli esuli a partire dal manto: il tigrato, il rosso, la nerina, il grigio scuro, la bianca bianca. Non poteva funzionare perché gli esuli erano troppi, quasi quaranta, e per non confonderli e farsi capire doveva aggiungere attributi - la bianca con l’orecchio mozzo, il tigrato grasso, il rosso senza coda - e anche così le altre volontarie si innervosivano, specie le nuove che venivano in coppia per qualche ora. “Ma non puoi imparare i nomi? Guarda nel box, c’è uno schema con le foto, non capisco se mi dici il bianco col muso storto”.

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